Libero – 27 Maggio 2020 Intervista a Elvio Silvagni A settembre la seconda ondata. Di fallimenti

“Al momento si galleggia. E si naviga a vista. La batosta vera rischia di arrivare a settembre. Quando la cassintegrazione, quella finora promessa e arrivata solo a pochi, sarà esaurita e le imprese che non sono riuscite a ripartire porteranno i libri in tribunale. Elvio Silvagni, patron del famoso marchio Valleverde, è un ottimista di natura. Ma questa volta scuote la testa. È perplesso.

Gli interventi varati dal governo non li ha né visti né digeriti. E per lamentarsene pubblicamente ha convertito la pubblicità istituzionale per decantare le proprie scarpe in una massiccia campagna mediatica per indicare e denunciare ritardi ed errori del governo nella gestione di queste fasi dell’epidemia.

E neppure la cosiddetta “fase 2″ sembra andare troppo bene. Racconta:”A tappe abbiamo riaperto”, spiega Silvagni “ma il rischio è che la riapertura si traduca in una serie di tentativi infruttuosi. E purtroppo di nuove chiusure. I piccoli non reggeranno a questa botta. Tutta la filiera della moda, e non solo le calzature, ne risentirà. E non sarà facile rialzare la testa”.

Pessima premessa per un settore che rappresenta un’icona mondiale con un fatturato aggregato che vale tra borse, abiti, scarpe ed accessori oltre 70 miliardi di euro di Pil. E tanti, tantissimi posti di lavoro oggi in bilico.

Silvagni ha salvato e rilanciato il marchio Valleverde e rafforzato questa icona del made in Italy. Aprendo centinaia di negozi. Ora appare a dir poco disgustato dai provvedimenti di questa politica inconcludente “che ha dimostrato di non conoscere neppure come funziona il settore del commercio”. Questo imprenditore “vecchia maniera” – che ancora prende e parte per promuovere in mezzo mondo i suoi prodotti ed un pezzettino d’Italia – avverte: “In futuro sarà dura. E lo sarà sempre di più. Noi stiamo qui che tentenniamo. I nostri diretti competitor, invece, sono già ripartiti e non stanno a trastullarsi. In alcuni Paesi, pur tenendo alla salute quanto e come noi, sono stati chiusi il minimo indispensabile. Poi dopo due settimane, con tutte le accortezze del caso, hanno ripreso la produzione, racconta sconfortato.

Con 6/7000mila paia di scarpe ferme nei magazzini “si fa quel che si può. Non si possono mettere in vendita il prossimo anno. Il consumatore ha saltato gli acquisti di primavera. E quel pacchetto di produzione, in gran parte è andato”.

Ma qui è un disastro. “E non parlo solo del mio settore”. Basti pensare al turismo: “La stagione non è ancora iniziata e chi sta per aprire Sto arrivando! bene che ci rimetterà. Poi a settembre siamo proprio certi che ci saranno i soldi per pagare ancora la Cig? Le imprese chiudono. Nel settore moda il ricorso al concordato sta tornando. E c’è anche chi approfitta della situazione per spolverare via vecchi problemi che con l’epidemia sono soltanto aumentati, ma c’erano anche prima. E così vedremo chi resterà sul mercato”.


27 Maggio 2020
Libero

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