L’imprenditore calzaturiero romagnolo Elvio Silvagni condanna le scelte del governo per non aver ancora avviato la riapertura dei negozi: “Abbiamo 600mila paia di calzature ferme nei magazzini“
«Chi fa impresa nel settore della moda come me chiede solo di poter riaprire in sicurezza fabbrica e negozi, è settimane che lo chiediamo. Ma di fronte a un Governo incapace di assumersi responsabilità e che gestisce l’emergenza senza curarsi della tenuta sociale ed economica del Paese non ci resta che alzare la voce».
È arrabbiato come mai in una lunga carriera l’imprenditore calzaturiero romagnolo Elvio Silvagni, patron di Valleverde, «perché è facile parlare e promettere aiuti come fanno i politici, ma tocca a noi agire concretamente per salvare aziende, posti di lavoro e assicurare nel contempo la salute dei collaboratori. Siamo in lockdown totale da più di due mesi, mentre Paesi come Slovenia e Romania, dove abbiamo i nostri laboratori calzaturieri, hanno chiuso le fabbriche appena 15 giorni e i negozi sotto i 300 mq sono aperti da oltre una settimana».
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Silvagni ha avviato una campagna marketing senza precedenti per denunciare la mala gestio del Governo tricolore, destinando il budget programmato quest’anno per la comunicazione sui media quotidiani: «La mia azienda sta facendo i conti con un crollo del fatturato del 70% – sottolinea l’imprenditore, che nel 2015 salvò il marchio simbolo delle calzature comode dal fallimento e che ha investito milioni per il rilancio -. Fino a febbraio, subito dopo il Micam, Valleverde stava crescendo a due cifre, anche il 2019 si era chiuso con ricavi passati da 15 a 17 milioni. Ora abbiamo 600mila paia di calzature ferme nei magazzini delle nostre società (oltre a Valleverde Silvagni ha i marchi Rafting Goldstar, Biochic e Biomodex, ndr), contavamo di ripartire con le consegne il 4 maggio, poi ci rinviano al 18 e chissà se sarà vero. Fosse anche così, la merce arriverà comunque nei negozi a fine maggio e a giugno iniziano i saldi».
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Due stagioni a rischio: per l’invernale blocco degli ordinativi
Nel frattempo Silvagni, come tutto il settore calzaturiero, rischia di perdere non solo i ricavi della primavera-estate ma tutta la prossima stagione invernale, perché è bloccata la produzione ma anche la raccolta degli ordinativi. Così come, avendo concesso dilazione di pagamenti a tutta la rete distributiva, difficilmente si incasseranno fatture prima di settembre. Dopodiché resta il vero interrogativo delle riaperture nel settore moda: «Quanti dei mille negozi che serviamo in giro per l’Italia riusciranno a riaprire? – si chiede Silvagni -. E chi ce la farà, come potrà sanificare il prodotto dopo ogni prova e a sopravvivere con un solo cliente per volta nel locale. E chi, tra gli italiani, sarà disposto a mettersi in fila pazientemente per comprare un paio di scarpe?».
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L’ecommerce non è un’alternativa
In attesa di capire come cambierà il commercio al dettaglio dei beni voluttuari nel post Covid-19, il patron di Valleverde esclude che l’alternativa per un marchio tradizionale di calzature sia l’e-commerce: «Significherebbe entrare in concorrenza con i negozianti e oggi le piattaforme online di moda non stanno meglio dei grandi brand o dei retailer. A tutti noi serve solo tornare a lavorare il prima possibile», è l’appello che Silvagni non si stanca di ripetere. E chiude tornando all’attacco delle scelte governative: «Servivano task force di centinaia di esperti per prendere la decisione banale di rinviare il più possibile la ripartenza, mentre il resto del mondo ha già ripreso a produrre? E con che criterio si è deciso di elargire prestiti a pioggia a tutte le attività, quando con 25mila euro un negoziante non paga neppure affitto e spese mensili dei locali? E perché si permette ai grossisti di lavorare se per altre due settimane non riaprono i dettaglianti?».
5 Maggio 2020
Il Sole 24 Ore – Ilsole24ore.com